L’ARTE TERAPIA

“il gioco e l’arte sono libere manifestazioni della pulsione vitale”
e poiché
“l’accettazione della realtà è un compito che non ha mai fine nell’arco della vita e nessun uomo riesce a liberarsi del tutto dalla tensione che gli suscita la propria realtà interiore in relazione con quella esterna a sé, l’arte offre un’area intermedia di esperienza che allevia questa tensione …”
D.M. Winnicott

L’arte terapia si propone come una tecnica dai molteplici contesti applicativi che vanno dalla terapia, alla riabilitazione, al miglioramento della qualità della vita.
Essa può essere intesa come l’insieme dei trattamenti terapeutici che utilizzano come principale strumento il ricorso all’espressione artistica con l’obiettivo di promuovere la salute (1), sviluppare l’equilibrio emotivo e la crescita psichica dell’individuo.

Origini e sviluppi dell’arte terapia.
La storia delle arti creative si è spesso intrecciata con quella della salute psichica.
Fin dall’antichità, già al tempo degli antichi Egizi e dei Greci, le persone sofferenti venivano incoraggiate a sperimentare interessi artistici considerati di per sé capaci di favorirne la guarigione.
Nel XX secolo vengono mossi i primi passi verso l’arte terapia.
Per Sigmund Freud (1856-1936) la creatività è una risposta positiva a un frustrato e rimosso desiderio inconscio: chi crea può trasformare le sue fantasie in un’opera anziché in sintomi.
Da un’ottica diversa Carl Gustav Jung parla dell’arte come un mezzo per contattare ed esprimere le immagini appartenenti all’inconscio e porta l’attenzione sul processo creativo che consiste nel mettere al mondo immagini interiori per rielaborarle e seguirne la narrazione.

“spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto attorno a cui l’intelletto si affanna inutilmente”
C. G Jung

Il prodotto artistico si rivela specchio del mondo interno del soggetto, delle sue strutture e dei suoi processi psichici e la creazione artistica diventa parte del materiale terapeutico che paziente e Arte Terapeuta possono osservare insieme nei suoi movimenti e nelle sue trasformazioni.
Le origini teoriche e metodologiche delle terapie espressive si rintracciano nelle idee di Melanie Klein (1882-1969) e nella teoria delle relazioni oggettuali approfondite da alcuni “psicoanalisti indipendenti” tra cui Donald Winnicott (1896-1971), Wilfred Bion (1897-1979) e la psicanalista e pittrice Marion Milner (1900-1998). (2 – 3 – 4)
La disciplina dell’arte terapia viene, infine, formalizzata negli anni quaranta da Margaret Naumburg (5) su concettualizzazioni di matrice freudiana (concetto di sublimazione) o junghiana (immaginazione attiva). Ella ha una visione vicina a quella di Freud e considera il prodotto artistico del paziente come uno strumento d’accesso ai suoi contenuti inconsci: l’arte è strumento ai fini della terapia. Un’altra fondatrice è Edith Kramer la quale enfatizza il potenziale terapeutico insito nel processo creativo, l’opera come un “contenitore di emozioni”: arte come terapia.
La prospettiva specifica della Psicoterapia Espressiva si consolida alla fine degli anni settanta grazie al contributo di Arthur Robbins e dell’Institute for Expressive Analysis di New York in merito ad una maggiore integrazione del modello teorico delle relazioni oggettuali con l’apparato tecnico dell’arteterapia.

Caratteristiche:

Il paziente scopre che può instaurare molteplici forme di comunicazione grazie all’oggetto artistico da lui creato. La comunicazione, infatti, avviene su tre dimensioni:

  1.  l’espressione creativa tra l’immagine e il paziente: la persona impara a dialogare con il suo mondo interiore (spinte a orientamento intrapsichico). Qui il prodotto artistico gli rivela i suoi processi inconsci e contiene i suoi vissuti personali.
  2. l’espressione creativo – simbolica tra il paziente e l’Arte Terapeuta. Qui l’immagine comunica qualcosa al paziente e all’Arte Terapeuta che intraprendono un viaggio di ascolto dell’immagine stessa per scoprire la storia che racconta, di cosa ha bisogno, se e come può trasformarsi.
  3. l’espressione interattivo – analitica tra terapeuta e paziente. Ciò che l’immagine ha svelato diviene oggetto del processo terapeutico affinché il paziente possa integrare nuovi contenuti nella sua coscienza e rendersi maggiormente consapevole. La persona, quindi, può incontrare e dare forma a un suo determinato contenuto psichico e fa ciò ad un livello insieme motorio, sensoriale ed emotivo. Per esempio disegnando vive i suoi movimenti sul foglio (il suo tocco è leggero o incarna un’energia aggressiva che marca il supporto fino ad inciderlo, bucarlo, strapparlo… i movimenti sono lenti, titubanti, quasi entrasse in punta di piedi sul foglio o viene preso da un’attività vorace); sente la consistenza dei colori, la tenuta del foglio e la sua texture, l’odore dei materiali e di se stesso ed incontra ed esprime emozioni che sono già state vissute ad un livello non verbale.

Tale contenuto psichico, così procedendo, entra nel campo di esperienza dell’individuo in quanto ha potuto trovare una “forma” che è quella che emerge dall’immagine prodotta, ma è ancor prima una forma o una presenza senso-motoria ed affettiva interna, interna al suo mondo psichico ed ora un po’ più definita e stabile. Con essa, immagine ed esperienza, sarà possibile intrattenere un dialogo che può aiutare l’individuo a risolvere problemi e conflitti profondi proprio grazie al nascere di rappresentazioni mentali di natura non-discorsiva, sensoriale e affettiva che ora hanno un loro posto, una loro forma, una dignità e il diritto di raccontare la loro a loro modo.

(Frida Khalo ha dipinto per tutta la vita ciò che provava) (6)

“l’atto del fare anima consiste nell’immaginare: le immagini sono infatti la psiche, la sua materia e la sua prospettiva. Forgiare immagini è quindi un equivalente del fare anima”
J. Hillman

Sarà, ora, forse più semplice comprende che esistono in ciascuno di noi 1) un sistema simbolico immaginativo, che origina da un “inconscio corporeo” e da vissuti sensoriali ed affettivi ed 2) un sistema analitico, basato sul conoscere narrativo.
Le comunicazioni, allora, possono avvenire grazie all’utilizzo integrato di due codici, quello espressivo comunicativo pre-verbale e quello verbale, codici che nella vita di tutti i giorni sono spesso separati: parliamo, parliamo, ma fatichiamo a permetterci di ascoltare ciò che di misterioso, a volte doloroso, a volte potenzialmente trasformativo si agita senza parole dentro di noi.
Del resto “l’opera d’arte è un simbolo non discorsivo che riesce ad articolare ciò che risulta ineffabile in termini verbali, essa esprime consapevolezza diretta, emozione, identità,la matrice del mentale” (7).
Ecco allora che l’Arteterapia cura l’intreccio tra l’uso della parola e l’uso del fare creativo, usa un linguaggio fatto di simboli, metafore, analogie, segnali corporei e sensoriali che si esplicitano attraverso attività artistiche legate all’inconscio (8).
Durante l’atto creativo il paziente può dare sfogo a pulsioni (aggressività, rabbia, frustrazione, paura, sofferenza), ottenere un primo distanziamento dal vissuto espresso (esso non è più situato solo dentro il soggetto ma anche fuori) e via via una sempre maggiore differenziazione dall’emozione contingente che è “proiettata” sul supporto artistico: si ha un’immagine di sé o di qualcosa di proprio che è esterna.

(Jackson Pollok riversa sulla tela la sua interiorità) (9))

Così il processo immaginativo e creativo è sia uno strumento utile alla terapia, quindi utilizzabile nelle sedute, sia una cura, un balsamo per l’anima che può esprimersi anche quando il paziente non trova le parole, parole perse, dimenticate, parole non ancora capaci di assumere una forma cosciente.
Ecco che l’immagine si fa spazio, sboccia nel silenzio e rivela qualcosa di sconosciuto e prezioso.
Ecco che le espressioni artistiche offrono strutture prelogiche per sviluppare capacità simboliche e lingue adatte a comunicare esperienze interiori.
Ecco forse che queste righe, attraverso le quali ho provato brevemente a raccontare cos’è per me l’Arteterapia, potrebbero aver aiutato il lettore sensibile e curioso ad avvicinarsi a questo straordinario mondo che da sempre è porta di accesso per l’umanità al proprio mondo interiore…perché anche

“Quando il dolore è così intenso da non avere più accesso alla coscienza, quando i pensieri sono così dispersi da non essere più comprensibili ai propri simili, quando i contatti più vitali con il mondo sono recisi, neppure allora lo spirito dell’uomo soccombe e il bisogno di creare può persistere”
S. Arieti (10)

BIBLIOGRAFIA
(1) Mimma Della Cagnoletta, Arte Terapia, La prospettiva psicodinamica, Carocci Faber.
(2) Winnicott, D. W., Gioco e realtà, Armando Editore, Roma 1971.
(3) Bion, W. R., Trasformazioni, Armando Editore, Roma 1973.
(4) Milner, M., La follia rimossa delle persone sane, trad. it. Borla, Roma 1987; Milner, M., Disegno e creatività, trad. it. La Nuova Italia, Firenze 1976.
(5) Naumburg, M., 1950/1973: “il termine Arte Terapia inizia ad essere utilizzato per descrivere una forma di psicoterapia che pone l’intervento a mediazione artistica, insieme a quello verbale, tra le modalità centrali di trattamento.
(6) Las dos Fridas (1939), Museo d’Arte Moderna, Città del Messico. Las dos Fridas è un’opera in cui la pittrice esprime la grande sofferenza vissuta durante il divorzio da Diego Rivera. A destra c’è la Frida di cui Diego si è innamorato, a sinistra la Frida artista con il cuore spezzato a causa dell’abbandono subito da Diego. L’aspetto terapeutico e creativo sta nel tentativo di Frida di salvare questa dualità: lei unisce i cuori esposti di entrambe le due versioni di se stessa nel tentativo di una riconciliazione.
(7) S.K. Langer, Filosofia in una nuova chiave: uno studio sul simbolismo della ragione, dei riti e dell’arte, trad. it. Armando, Roma 1980.
(8) Giorgio Bertini, Luisa Bonizzato, La bellezza dei margini, Atti del Convegno “il laboratorio di arteterapia 10 anni dopo. Riflessioni e proposte”, Regione Veneto, Azienda Sanitaria Ulss 22.
(9) Jackson Pollok (1952), National Gallery, Canberra. Blue Poles è un opera che parla degli sforzi umani di emergere dal caos della vita.
(10) S. Arieti, La sintesi magica, Il pensiero scientifico, Roma 1974 e M. Klein, Scritti, trad. it. Boringhieri, Torino 1977.

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